“Pandemia, crisi energetica, inflazione lo hanno dimostrato: è necessario rimettersi in gioco su fronti alternativi, trovare soluzioni non lineari, opportunità meno scontate”. Sono queste le parole scelte da Silvia Baratta per descrivere il corso di alta formazione di cui è direttrice, oltre che promotrice. Il corso è stato intitolato “Progettare il futuro del vino: soluzioni per scenari che cambiano” ed è organizzato da POLI.design (Politecnico di Milano), in stretta collaborazione con UIV, Veronafiere, AGIVI, ONAV e Cometa.
Un approfondimento di spessore, rivolto primariamente a manager e imprenditori della vasta categoria wine&spirits, ma aperto ovviamente a molteplici altre professionalità. 60 ore di lezione, in cui si susseguiranno oltre 20 docenti, in una suddivisione di 5 moduli: al centro il cosiddetto “design thinking”, il quale prende a sua volta le mosse dall’idea di “explorer mindset”, uno spirito in grado di convogliare il meglio delle energie in situazioni di rischio, aggirando le preoccupazioni per passare alla ricerca di occasioni di crescita. In parole povere l’idea portante che guida il corso è che un buon vino sia solamente una piccola parte della ricetta del successo in campo imprenditoriale enologico, e che siano altrettanto fondamentali “flessibilità, prontezza di reazione, capacità di trasformare problemi in sfide. In una parola, si tratta di progettare il futuro del vino”.
“Per comprendere il senso del design thinking – ha poi aggiunto Silvia Baratta – possiamo pensare al design italiano degli anni 50-60-70. Il momento giusto per porsi delle domande è quando tutto va bene, altrimenti cerchiamo di risolvere i problemi sempre in un clima emergenziale e questo non stimola la creatività. I produttori di vino sono spesso legati agli stessi schemi da generazioni: devono imparare a fare network”.