I portoghesi sono tra i maggiori consumatori di vino pro capite nel mondo, con un forte legame generazionale con i propri vigneti locali. Come purtroppo ben sappiamo, i viticoltori europei affrontano quotidianamente nuove sfide climatiche e concorrenza estera, soprattutto in zone come il Portogallo, dove l’industria vinicola ha un significato culturale profondo.
A Palmela, una regione vinicola vicino a Lisbona, Miguel Cachão, ingegnere e agronomo, sta sviluppando una tecnica innovativa per catturare l’anidride carbonica prodotta durante la fermentazione del succo d’uva e utilizzarla per coltivare l’alga d’acqua dolce chiamata clorella. “Il progetto di ricerca – spiega Cachão – è chiamato REDWine ed è finanziato dall’UE. Mira a utilizzare la CO2 per coltivare la clorella nelle cantine vinicole. Questo processo potrebbe generare profitti significativi per le aziende vinicole e ridurre le emissioni di gas serra del settore. Il progetto coinvolge già ben 12 aziende in sei Paesi europei”.
Questa alga è ricca di sostanze nutritive ed è impiegata in mangimi, cosmetici, integratori alimentari e, ovviamente, nella produzione di vino. Secondo alcuni calcoli preliminari, il processo potrebbe generare più di 15 milioni di euro all’anno per un’azienda vinicola con volumi annui di almeno 7 milioni di litri di vino: la quantità di un grande produttore europeo. “La clorella – ha poi aggiunto Cachão – con le sue qualità fotosintetiche, convertirebbe la CO2 in energia chimica, producendo carboidrati, proteine e altri composti utili. Il progetto REDWine prevede la costruzione di una prima unità dimostrativa entro il 2023, vicino a un’azienda vinicola locale”. Insomma, non più solo vino ad arricchire il futuro dei filari!