Xinisteri, Moscato, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Moracanella, Maratheftiko, Yannoudi, Leucade, Oftalmo, Cabernet Sauvignon, Shiraz, Alicante Bouchet. Ma soprattutto il celebre Commandaria, un vino da dessert, è un’eccezione conosciuta a livello mondiale.
Queste sono solamente alcune delle molteplici varietà e tecniche di coltivazione che la rigogliosa isola di Cipro riesce ad offrire sul piano prettamente enologico, in una produzione che intreccia secoli di storia e tradizione con una gran voglia di farsi strada sul piano commerciale internazionale. La maggior parte dei vini locali sono giovani e secchi, con una leggera acidità dovuta al clima e alla scarsità d’acqua. Alcuni produttori ed esperti locali ci spiegano che: “La storia della viticoltura cipriota può essere suddivisa in tre fasi. La prima fase comprende la vinificazione originale spontanea, in cui il vino veniva conservato in recipienti di argilla, conferendogli un sapore unico ma limitandone la durata. La seconda fase vide l’introduzione delle bottiglie di vetro e della produzione su larga scala, con notevoli variazioni nei vini dovute alla natura insulare e alla vendemmia.
La terza fase è caratterizzata dal controllo accurato delle caratteristiche chimiche e fisiche del vino, portando a una maggiore stabilità delle varietà”. La scelta delle botti, principalmente di rovere francese, è un indicatore fondamentale per la qualità del vino prodotto da un’azienda vinicola cipriota. Un ulteriore elemento di gran rilievo della produzione vinicola cipriota è l’importazione di tappi e bottiglie, poiché non vengono prodotti localmente. Tradizionalmente, si utilizzava il sughero naturale per sigillare le bottiglie, consentendo al vino di “respirare”. Tuttavia, sono emersi alternative come il tappo a vite in alluminio, comodo ma privo della capacità di far respirare il vino, e i tappi in polimero, associati a vini meno costosi.