La continua domanda di bevande, principalmente vino e birra, non alcoliche sembra aumentare giorno dopo giorno su scala globale. Nei soli Stati Uniti, nel post-pandemia, la brama per il non-alcoholic beverage si può evincere dai freddi numeri: un incremento del 33%, un volume di valore di ben 331 milioni di dollari.
Certo, questo non significa automaticamente che i consumatori rifiutino, dalla sera alla mattina, l’acquisto di alcolici veri e proprio. Infatti in Minnesota, location del nostro odierno case study, i negozi di liquori gestiti municipalmente hanno fatturato oltre 410 milioni di dollari nel 2020! Eppure, è innegabile che la richiesta dei drink non alcolici sia in ascesa. Per fortuna la tecnologia sembra esser pronta a correr incontro alle richieste del mercato e alle relative esigenze dei produttori.
Come nel caso della ABV Technology, casa madre di un’importante apparecchiatura ormai presente in un terzo dei birrifici di tutto il Minnesota. Si tratta di una speciale tecnologia in grado di rimuovere l’etanolo da birra e vino già prodotti e ultimati, facendoli rimanere sotto quello 0,5% di alcol che, più o meno ovunque, è sinonimo legale di via libera alle varie certificazioni di genere. Ben Jordan, fondatore di ABV Technology, racconta come è approdato a quest’invenzione: “Sono un tipo molto socievole e mi piace andare alle feste.
Mi piace andare in giro per cantine e birrerie: mi sono però imbattuto nel problema che, a un certo punto, ogni esperienza diventava troppo alcolica. Uscivo e mi divertivo. Poi, alle otto del mattino, andavo a tenere dei corsi universitari di matematica. Non ero esattamente al massimo della forma per quel genere di attività. Così ho sviluppato questa tecnologia di rimozione dell’alcol, inizialmente per uso personale. Poi ne ho capito le potenzialità”.