Come i cambiamenti climatici stanno cambiando il gusto del vino
L’impatto del riscaldamento globale sta modificando molte delle nostre abitudini di consumo e modalità di fruizione di beni di prima necessità e non. Il clima che cambia influisce sugli ecosistemi, trasformandone la morfologia dei territori e costringendo flora e fauna ad adattarsi ai nuovi andamenti delle stagionalità. Queste trasformazioni producono anche dei paradossi che sono oggi studiati a livello agronomico in un ottica di adattamento degli ambienti e delle produzioni, anche grazie all’impiego di avanzate biotecnologie.
Anche i campi scientifici della viticoltura e dell’enologia stanno rivedendo celermente alcuni assunti che sembravano consolidati da secoli, almeno fino alla Prima Rivoluzione Industriale a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Gli ultimi decenni anni del Pianeta hanno visto un’ulteriore accelerazione dei processi di mutamento del clima e dei microclimi, con profonde modificazioni dei suoli e dei costitutivi componenti organici. Per la produzione vitivinicola significa adattarsi alle trasformazioni dei terroir, l’insieme delle caratteristiche climatiche, geomorfologiche e organiche del suolo.
Il progetto europeo CORDIS – Red and White ha analizzato gli impatti i cambiamenti dei vitigni europei negli ultimi anni. L’iniziativa, che ha studiato l’impronta dei fenomeni della globalizzazione sulla produzione di vino europeo nell’Era dell’Antropocene, ha evidenziato due macro-risposte di adattamento delle filiere viti-vinicole ai cambiamenti climatici. Da una parte, le produzioni tradizionali impiegano nuovi vitigni come nel caso del Bordeaux, in cui le autorità francesi hanno concesso l’introduzione di vitigni più acidi in produzione. Dall’altra, assistiamo a nuove produzioni consistenti di fatto in vitigni soggetti a vera e propria migrazione, come è accaduto al Pinot Nero che dalla Borgogna si sta spostando verso i territori tedeschi.