Chissà cosa avrebbe pensato Andy Warhol di questa operazione di marketing, lui che per primo ha celebrato il felice matrimonio tra pop art e pubblicità. Il genio di Pittsburgh, teorizzatore della riproducibilità commerciale delle opere d’arte, avrebbe certamente apprezzato la viralità con cui la campagna di Oatly si è diffusa, dal momento in cui è stata lanciata sui muri di Parigi.
Prima di approfondire le caratteristiche della campagna, permetteteci di introdurvi il brand che l’ha lanciata. Oatly un’azienda alimentare svedese che produce prodotti alternativi ai latticini, tra cui il latte d’avena. Fondata nel 1993, ha sede a Malmö. I suoi prodotti sono distribuiti globalmente in oltre 60.000 negozi e oltre 30.000 caffetterie, tra cui gli store di Starbucks. Ma veniamo alla campagna. Oatly ha sfidato le regole della pubblicità con un’operazione di street marketingad elevato tasso d’ironia. Sviluppato in toto internamente dall’azienda, l’ADV è stato declinato su alcuni edifici parigini.
Occorre premettere che nella capitale francese vigono regole molto stringenti che disciplinano gli spazi per le pubblicità. I muri degli edifici sono disponibili per l’arte, ma non consentono l’inserimento di immagini promozionali o loghi. Come aggirare allora il divieto sfidando le leggi francesi senza incorrere in pesanti sanzioni? Oatly ha sviluppato un’originale strategia di marketing, consistente in murales composti da frasi sibilline del tipo “Questo muro non sarebbe molto più bello con un contenitore di bevanda d’avena?” o “È un’opera artistica o una di quelle pubblicità di bevande d’avena?”. A completamento dell’operazione, il marchio svedese ha poi registrato alcuni video in cui autisti di consegne hanno posizionato i loro veicoli davanti ai murales. L’effetto ottico finale promuove il prodotto e il marchio con una riuscita azione di fine subversive marketing.