There’s No Amount of Healthy Drinking. Lo asseriscono, tra le altre Istituzioni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), l’American Heart Association e l’American Cancer Society, forti ormai di numerose e illustri evidenze medico-scientifiche non più confutabili (Ah, il metodo scientifico!). Hans Kluge, a capo del branch europeo del WHO, intervenendo lo scorso anno all’European Health Forum, ha dichiarato che affermazioni come “consumo nocivo” sono misleading se associate all’alcool, perché semplicemente non esiste un “consumo non nocivo”.
L’obiettivo finale è quello di ridurre del 10% il consumo pro-capite annuo di bevande alcoliche. L’Irlanda, prima in Europa a cavalcare il silenzio-assenso di Bruxelles, attende il nulla osta solo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), prima di imporre ai produttori di apporre anche sulle bottiglie degli alcolici etichette con claim analoghi a quelli già indicati sui pacchetti di sigarette. Nel Vecchio Stivale sono già insorte tutte le principali organizzazioni di categoria e rappresentanza, tra cui troviamo, solo per citarne alcune, Coldiretti, Confagricoltura, Federvini, Unione Italiana Vini (UIV) e Cia-Agricoltori.
Sempre da noi, si sono scomodate anche la Farnesina e Via XX Settembre nel proteggere uno dei più fiorenti comparti produttivi del Made in Italy. Ma dove si sta giocando la partita? Naturalmente sui mercati. Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi europei si arroccano su posizioni negazioniste, accusando Bruxelles di voler scatenare una nuova ondata protezionistica. La battaglia è ancora aperta: a singolar tenzone! ❝Quelli che niente superalcolici, niente pane, niente vino, niente burro, mai una cotoletta, mai un giorno di ferie. Quelli che praticamente fanno una vita da malati per morire da sani, oh yes❞ (Enzo Jannacci).