“Gli agricoltori sono i primi ad essere colpiti. Il futuro è davvero quello di essere molto delicati con i terreni, di tornare a un lavoro più manuale, di smettere di usare prodotti chimici e di smettere di usare troppa energia” ha spiegato Claude de Nicolay, proprietaria e gestrice del Domaine Chandon de Briailles, un vigneto biodinamico in Borgogna.
A parlare e pensarla in questa maniera sono ormai in moltissimi, convinti dalle continue difficoltà climatiche dell’impellente necessità di ripensare da zero tecniche e tradizioni secolari, così da adattarsi e sopravvivere al cambiamento. La Francia è tra i principali produttori di vino al mondo, esportando una quantità significativa di vino grazie al prestigio del suo sistema di denominazione. Tuttavia, questo stesso sistema potrebbe diventare un ostacolo per l’adattamento alle mutevoli condizioni ambientali. Basti pensare alle metodologie in continua evoluzione, come quelle messe in campo dallo stesso de Nicolay: nelle notti di aprile si alza alle 4 del mattino, proprio quando le temperature scendono sotto lo zero.
Il motivo di questo risveglio precoce è la necessità di accendere circa 300 candele tra le vigne per proteggere i germogli dalle gelate primaverili. “I viticoltori francesi stanno cercando soluzioni creative come la mia e chiedendo modifiche legislative per affrontare i cambiamenti climatici. – continua de Nicolay – La vendemmia inizia ora circa tre settimane prima rispetto agli anni ‘80 e l’80% dei viticoltori francesi riconosce l’impatto del cambiamento climatico sulla qualità del vino”. Resilienza e creatività saranno strumenti senza alcun dubbio essenziali per il futuro dell’industria vinicola francese, e non solo.