Certo è che, il mercato delle birre o degli alcolici a bassa gradazione, non rappresenta una novità piovuta dal cielo ieri. Se, invece, proviamo ad allargare la questione al variegato mondo del vino, il discorso cambia radicalmente. Si tratta senza dubbio, in questo caso, di associazioni e concetti che siamo meno avvezzi a fare.
Eppure, negli ultimi tempi i dati sembrano confermare una decisa crescita nelle vendite dei vini realizzati con tecniche per la bassa gradazione alcolica, seguendo l’ondata globale di domanda salutista da parte dei consumatori. Basterebbe tenere d’occhio, come spesso facciamo, l’esempio del rigoglioso mercato australiano, dove i vini a media e bassa gradazione spopolano sempre più. “Il valore delle vendite di vini a bassa gradazione alcolica è cresciuto del 30% all’anno negli ultimi cinque anni e i ricercatori prevedono una crescita di circa il 14% annui nei prossimi cinque” ha affermato Paul Turale, direttore generale del marketing di Wine Australia.
Entro il 2026, gli esperti prevedono che le vendite di prodotti a basso contenuto alcolico raggiungeranno l’esorbitante cifra di 3 miliardi di dollari australiani. “La salute e il benessere sono stati una tendenza globale che ha davvero scosso il mercato delle bevande alcoliche. – ha poi continuato – I vini a media gradazione permettono a questo gruppo di godersi il vino e allo stesso tempo di raggiungere i loro obiettivi di prendersi più cura di se stessi”. Stiamo parlando di tecniche di produzione che consentono alla bevanda finale di non superare certi limiti di forza: il 6-8% di alcol in volume sembra essere il punto di arrivo ottimale, anche se alcuni esperti dicono che qualsiasi fattore fino al 10% sia comunque adatto.