Come per ogni cosa, anche per tenere in mano un calice di buon vino è richiesta una certa dose di tecnica, di arte pratica. Il modo corretto secondo il galateo, perlomeno per quanto concerne i calici moderni, è sicuramente un’impugnatura che parta dallo stelo in giù (molti sommelier suggeriscono d’inserire la base rotonda del bicchiere fra pollice e indice, mantenendo il tutto con queste due sole dita dal basso): l’importante, comunque, è di distanziare il proprio calore corporeo dalla coppa vera e propria, così da far il possibile per preservare sia il gusto che l’aroma della bevanda che andiamo ad assaporare.
Parlando di tecnica dell’impugnatura, però, scopriamo che storicamente i bicchieri non hanno sempre avuto l’odierna conformazione a stelo. Nel XV secolo, infatti, i rinomati vetrai veneziani scoprirono finalmente la via per produrre calici abbastanza robusti da sostenere il recipiente che conteneva il vino: è possibile, però, che questa scelta sia stata dettata almeno in parte da ragioni di grazia estetica.
“Ogni parte del moderno bicchiere con stelo è stata progettata per migliorare l’esperienza del bere. – hanno spiegato degli insegnanti di enologia in un recente approfondimento – Abbiamo il contenitore a forma di scodella che concentra gli aromi del vino in prossimità delle narici e lo stelo che funge da intelligente dispositivo di regolazione della temperatura. Inoltre, lo stelo offre un punto di appoggio per afferrare il bicchiere senza dover toccare il recipiente che contiene il vino stesso”. Una delle poche eccezioni alla regola: quando il vino arriva a tavola a una temperatura più fredda di quella ideale. In questo caso, la coppettazione del bicchiere con la mano per il breve tempo necessario a portare il vino alla temperatura desiderata non solo è logica, ma è anche una tecnica praticata da alcuni sommelier.