Al giorno d’oggi, per fortuna, le questioni di genere e di pari opportunità uomo-donna sono dibattute quotidianamente, con il giusto livore e il giusto spazio, così a lungo negati nel nostro recente passato. Ma se da un lato le differenze sociali devono esser appianate, è indubbio vi siano alcune differenziazioni biologiche fra i due sessi.
È proprio questo il settore indagato da alcuni scienziati, mossi anche da un certo interesse nel settore dei superalcolici. Gli scienziati del Florey Institute sono giunti a una scoperta interessante legata alle abitudini di consumo di alcol tra uomini e donne: sono riusciti a individuare e isolare una sostanza chimica che sembra influenzare il modo in cui percepiamo i sapori amari e potrebbe essere utilizzata per aiutare le donne a ridurre il consumo di alcol. “Il gusto dell’alcol è un fattore importante e spesso trascurato che guida alla preferenza, all’assunzione e all’uso di alcol. Abbiamo identificato una sostanza chimica nel cervello che rende il sapore dell’alcol amaro per le donne, a meno che la bevanda non sia zuccherata”.
Il loro studio si è concentrato su un neuropeptide chiamato “CART”, presente in tutte le specie e associato a vari aspetti come l’equilibrio energetico, la depressione, l’ansia e i comportamenti legati alle ricompense, compreso il consumo eccessivo e smodato di alcol. Ecco, semplificando molto, il processo tecnologico e scientifico: lavorando sui topi, è stato rilasciato il CART negli individui maschi, con conseguente aumento del loro consumo di alcol; rimuovendo la stessa sostanza chimica negli esemplari di sesso femminile, si è notata una diminuzione del consumo di alcol. Inoltre, quando l’alcol è stato zuccherato, il consumo tra le femmine è aumentato nuovamente, ciò suggerendo che in assenza di CART, l’alcol risulti sgradevole per loro. “Questo studio potrebbe aprire la strada a trattamenti mirati per aiutare le donne a ridurre il consumo eccessivo di alcol e offre una prospettiva interessante sull’analisi delle differenze cerebrali tra i sessi nei disturbi legati all’uso di alcol” hanno commentato i ricercatori coinvolti.