“Sarebbe molto interessante partecipare alla discussione sul modo in cui le persone mettono in contrapposizione queste due cose. Da un lato le crescenti crisi più o meno endemiche legate al cambiamento climatico e, dall’altro, le soluzioni che la tecnologia potrebbe offrire se liberata da briglie ideologiche.
Ovvero l’idea che la gente possiede attorno al significato dell’editing genico o di altre tecnologie: sul modo in cui sono disposti ad accettarle, o a lavorarci e a comprenderle”. A discutere dell’annosa questione della genetica applicata nel settore agroalimentare, nella fattispecie a quello enologico, sono in questo caso gli scienziati neozelandesi. Se, infatti, in parte la Nuova Zelanda sta cercando di preservare la sua reputazione di produttore di alimenti di alta qualità e naturali, d’altro canto il partito del National Party ha proposto di sfruttare le biotecnologie e di porre fine ai divieti sull’editing genico.
Questo includerebbe l’istituzione di un regolatore dedicato alle biotecnologie e semplificazioni delle approvazioni per le sperimentazioni e l’uso di tali tecnologie, che attualmente incontrano lunghe barriere normative. “Gli scienziati neozelandesi hanno esplorato il gene editing in ambienti controllati ma devono affrontare questioni di accettazione da parte del mercato e dei consumatori. La discussione sulla legislazione è essenziale per gestire queste controversie” hanno spiegato dal governo del Paese, dove la discussione è attualmente attiva e molto accesa. L’Unione Europea si è posta l’obiettivo di ridurre l’uso di pesticidi chimici entro il 2030, mentre l’industria neozelandese delle mele e delle pere mira a essere priva di spray entro il 2050. Tuttavia, la selezione tradizionale delle piante richiede anni per ottenere risultati, rappresentando una sfida per gli scienziati.