Un design davvero unico nel suo genere, un’architettura che in maniera conscia o meno, è riuscita a imporre il suo segno nel lungo cammino della storia dell’arte umana. Stiamo parlando del poco conosciuto paese di Pietragalla, in Basilicata: uno scenario a dir poco fiabesco, che rievoca alla vista dei più storie di elfi, fate e folletti.
Le numerose costruzioni che compongono il panorama di Pietragalla, infatti, sono chiamate palmenti: un intricato sistema di grotte artificiali ricoperte da dolci declivi d’erba sulla loro sommità, scavate con vigore nella roccia arenaria locale non troppo tempo addietro, all’incirca nel XIX secolo. Pietragalla si trova a poco più di 20 km da Potenza e, sino agli anni ‘60 del secolo scorso, queste strutture erano ancora utilizzate. Ma cosa c’entra quest’architettura bizzarra con il mondo del vino? Secondo gli storici a Pietragalla si era specializzati proprio nella produzione di vino locale: il paese è oggi situo all’interno di un parco per preservarne forma e memoria.
All’interno delle varie singole costruzioni sono ancora visibili gli ambienti deputati alla lavorazione delle uve, dalle vasche in pietra adibite alla pigiatura stagionale sino a quelle per la fermentazione del mosto. Il tutto rigorosamente ricavato dalla roccia. I frutti venivano trasportati sottoterra e pigiati nelle vasche più rialzate. Il succo scivolava poi, giocoforza, nelle vasche inferiori, dove veniva lasciato fermentare per 15-20 giorni prima d’esser inserito nelle “rutte” (il nome delle botti del posto) e riportato in città. Un patrimonio architettonico e antropologico davvero importante e rappresentativo, un tesoro materiale quanto immateriale da preservare con impegno dall’inesorabile trascorrere del tempo.