Tutto è iniziato 25 anni fa, nel 1997. A Nashik, India, Sula Vineyards ha lanciato il guanto di sfida al vero determinante del winemaking: il clima. Come è stato possibile impiantare un’industria vinicola in un territorio il cui clima tropicale scoraggia drasticamente la coltivazione della vite, raggiungendo nei mesi di aprile-maggio picchi di temperatura che superano abbondantemente i 40°C?
Con la sconfinata capacità adattiva propria dei maker, per esempio invertendo la stagione di coltivazione delle uve (esercitata in inverno) e quella di raccolta (eseguita a fine inverno), affiancando la produzione di kiwi a quella delle viti o utilizzando lattine al posto di bottiglie di vetro. Ma anche impiegando le migliori tecnologie di conservazione, come tank-mantenitori di temperatura in acciaio refrigerato. Un percorso lento e caparbio. Un sistema culturale di valori unico al mondo e prezzi di produzione elevatissimi rispetto ad altri alcolici come brandy e whisky.
Due anni per ottenere la licenza governativa per l’avvio della produzione. Eppure, l’ostinazione ha pagato: l’azienda può oggi vantare 1.000 dipendenti e un fatturato annuo di circa 5 miliardi di rupie (62 milioni di dollari). La prima IPO sta raccogliendo sul mercato azionario indiano quasi 10 miliardi di rupie (121 milioni di dollari). Nel subcontinente indiano ci sono oggi circa 110 aziende vinicole che producono vino e vini di frutta, un micro-segmento economico per un territorio vasto 4,4 milioni di km2.
Tuttavia, l’inarrestabile urbanizzazione in India sta incrementando enormemente le abitudini di consumo di alcolici, tra cui i vini. Le realtà viti-vinicole indiane seguono tradizioni e stili che fanno impallidire i produttori tradizionali. Ad esempio, Fratelli Wines produce, oltre a vini in bottiglia, la linea ‘Tilt’ di vini in lattina, naturalmente vegani e gluten-free. Lo zenith dell’ostinazione imprenditoriale è stato indubbiamente raggiunto dal produttore Tage Rita che da 5 anni produce Naara-Aaba, un vino biologico di gradazione alcolica 13% ricavato dalle piantagioni di kiwi. Come ebbe a dire Golda Meir: “Make the most of yourself by fanning the tiny, inner sparks of possibility into flames of achievement.“