Il trend degli alcolici a basso contenuto di zuccheri
Li chiamano annunci keto, strizzano l’occhio alle trendissime sirene della ketogenic diet, la dieta con pochi carboidrati. Lo sanno tutti che lo zucchero è il male assoluto, da bandire dalle tavole a tutte le età. Poi, se vuoi sedurre il cliente, devi fare tuoi claim come “senza zuccheri aggiunti”. E via di fantomatiche promesse sugli scaffali, all’insegna di fantasiose formule no-carb, low-carb e carb-friendly.
Se non fosse che nella produzione di vino, a livello biochimico durante la fermentazione alcolica del mosto, nella prima fase nel lievito si scindono gli zuccheri complessi e nella seconda, tramite glicolisi e in assenza di ossigeno, si forma etanolo (e CO2) dagli zuccheri semplici. Terminato il processo (5-15 gg.), la concentrazione di zucchero residuo nel vino deve essere inferiore allo 0,4%. L’aggiunta di zuccheri post-fermentazione è considerata sacrilega dalla millenaria religione enologica e, in molti Stati, sanzionata come illegale contraffazione. Molti vitigni sono per natura poveri di zuccheri (1 g./L.): Pinot Nero, Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Syrah. Ora, capiamoci, cos’è fair?
Decretare la natura intrinsecamente malsana dello zucchero o regolamentare con rigore come il vino venga imbottigliato, stabilendo se è adulterato con additivi? Esistono processi già regolamentati in Europa, come la chaptalization o zuccheraggio. Sono atti ad aumentare il contenuto di alcool a fine fermentazione. In Italia siamo puristi: la legge non permette queste pratiche. Prendiamo però casi come Mega Purple, additivo molto diffuso nell’industria viti-vinicola americana per correggere la coloritura dei vini, donando una tonalità più scura. Viene prodotto da Constellation, secondo produttore di vini al mondo, ed è ottenuto dalla concentrazione di succo di Rubired, una varietà di uva coltivata nella Central Valley californiana. Sentiremo cantare: I only want to see you bathing in the purple wine?