Chi è celiaco, o comunque legato a una particolare sensibilità al glutine, saprà bene quante difficoltà si possono incontrare quotidianamente per strutturare in maniera sicura e completa una dieta priva del suddetto elemento. La ricerca, l’attenzione e la continua lettura degli ingredienti possono rappresentare di sicuro un esercizio stressante che richiede molto tempo ed energie al consumatore.
Se però per i prodotti alimentari il discorso è più chiaro e palese sin dal packaging, delle volte la presenza o meno di glutine è di più difficile lettura quando si parla di bevande alcoliche. Certo, tutti sappiamo che le classiche birre, essendo basate sulla fermentazioni di cerali, sono fuori discussione. Ma per quanto concerne il vino? Secondo gli standard imposti dagli esperti, per essere considerato senza glutine, un prodotto deve contenere meno di 20 parti per milione di glutine. I prodotti che rientrano in questi parametri contengono, quindi, meno dello 0,002% di glutine. La risposta al precedente quesito, tuttavia, non è così semplice.
“Il vino è sempre stato considerato naturalmente privo di glutine. – sottolinea la dottoressa Tricia Thompson, fondatrice del Gluten Free Watchdog – Poiché gli ingredienti utilizzati per la fermentazione (uva e lievito) sono privi di glutine. Ma potrebbe non essere così semplice. Sebbene gli ingredienti del vino siano al 100% privi di glutine, esiste sempre il rischio di contaminazione incrociata, ovvero il processo attraverso il quale batteri o altri microrganismi vengono inavvertitamente trasferiti da una superficie o da una sostanza all’altra, talvolta con effetti dannosi. Alcuni processi di vinificazione, dunque, potrebbero introdurre involontariamente il glutine nella miscela. Processi come ad esempio quello dell’affinamento”.