La rinascita del brand di Anheuser-Busch InBev dopo una battaglia culturale
Il marchio di birra americano Bud Light, di proprietà del colosso Anheuser-Busch InBev, nel 2023 è stato investito da una vera e propria battaglia culturale, culminata in un boicottaggio da parte dei consumatori che pare sia costato al brand una perdita di fatturato prossimo al miliardo di dollari.
Ricostruiamo la vicenda. Lo scorso anno Bud Light aveva scelto di collaborare in un commercial per la TV con l’influencer transgender Dylan Mulvaney, una campagna con al centro le battaglie della comunità LGBTQA+, ne avevamo già scritto su su queste colonne (rileggi l’articolo qui). In quello spot, Bud Light aveva omaggiato Mulvaney di una reference di lattine di birra personalizzate – non vendibili sul mercato – col suo volto in evidenza a celebrazione del suo primo anno di transizione di genere.
Il pubblico dei consumatori di birra più conservatore non la prese benissimo, per usare un eufemismo, e lanciò una durissima campagna di boicottaggio del brand. Emblematico fu il caso del musicista Kid Rock che diffuse un video in cui con un fucile d’assalto sparava a una pila di lattine di Bud Light. Con questa campagna Bud Light restituisce quasi un riposizionamento per il marchio, attraverso quella che appare come una formidabile piéce teatrale dallo humor britannico interpretata da Shane Michael Gillis, stand-up comedian americano, autore che a volte tratta temi sociali delicati in modo politicamente scorretto, e da un cast di bravissimi comprimari.
Bud Light segna dunque un ritorno al passato con questo spot, in un momento storico in cui anche negli USA ferve il dibattito su temi valoriali quali la diffusione di una nuova “mascolinità positiva” verso la cosiddetta “mascolinità tossica”, il contrasto agli eccessi del patriarcato e del mansplaining, fenomeno così definito – appunto – dagli anglosassoni: interessante.
Il nuovo spot permetterà dunque a Bud Light di riconquistare i consumatori perduti? Lo vedremo.