L’industria del wine&spirits, delle bevande alcoliche in generale, sta subendo forti stravolgimenti su più versanti. I venti, le forze trainanti in gioco, sono com’è prevedibile molteplici: dai cambi di preferenze dei nuovi e vecchi consumatori alle più ristrette capacità distributive, dagli anni di pandemia sino a un sistema di vendita al dettaglio sempre più reattivo. Molti quindi gli spunti evolutivi di questo variegato mercato.
Cercheremo in questo breve approfondimento di metterne assieme in luce alcuni. 1: la transizione da bottiglia a vino in scatola. Va pian piano affievolendosi l’immagine, sinora ben salda nell’immaginario condiviso, della raffinata bottiglia di vino da scegliere da un elegante ripiano in mogano e gustare dopo una stancante giornata lavorativa. Gli scaffali di oggi raccontano di fatti una storia differente: i millenial, alcuni dei quali entrano ormai nei 40 anni, stanno trascinando nel settore anche i mezzi di contenimento più vicini al loro sentire.
In questo caso le lattine, per la birra ma anche per il vino. 2: I cali di gradazione. Prendono sempre più i contorni di una maggioranza, anche se non ancora fortunatamente, i consumatori che prediligono bevande a basso o addirittura a nullo contenuto alcolico. Perfino a Parigi, tra le capitali mondiali del vino di qualità, ha aperto uno store totalmente dedicato alle esigenze analcoliche.
C’è da dire che queste scelte non siano, per forza di cose, conseguentemente più salutari: per quanto possano risparmiarci i dolorosi postumi di una bevuta troppo pesante, a volte il contenuto di carboidrati e calorie rimane invariato dai loro cugini alcolici. 3: I nuovi modelli di distribuzione. Nel post-covid ci si sta adattando più lentamente del previsto al ritorno di un consumo in loco. Sono sempre più i bevitori che optano per pranzi e cene in casa, con un netto incremento della scelta di servizi direct-to-consumer.