Come ormai ci è tristemente noto, il cambiamento climatico sta avendo un impatto significativo sull’industria del vino, influenzando anche il processo di fermentazione. Gli inverni più caldi nelle regioni tradizionalmente fredde possono sembrare benefici di primo impatto, ma per i viticoltori rappresentano una minaccia esistenziale.
Gli effetti del cambiamento climatico, come incendi, siccità e grandinate, stanno causando miliardi di dollari di danni ai raccolti e mettendo a rischio il 90% delle regioni vinicole tradizionali. Alcuni esperti della tecnica di fermentazione delle uve, ci espongono la problematica di cui sopra in relazione al loro settore di specializzazione: “Tradizionalmente, la fermentazione del vino si è basata sull’azione naturale del lievito che trasforma lo zucchero dell’uva in alcol. Molti viticoltori preferiscono i lieviti selvatici, che ritengono riflettano meglio il terroir, rispetto ai lieviti commerciali usati per garantire la coerenza nei vini industriali.
Tuttavia, il cambiamento climatico sta alterando le popolazioni microbiche che supportano queste fermentazioni spontanee, rendendole più lente o più rapide”. António Sousa ad esempio, enologo a Vinhos Verdes, segnala difficoltà crescenti nell’avviare fermentazioni spontanee a causa della ridotta proliferazione dei lieviti indigeni, che ritardano l’inizio del processo e permettono a microrganismi problematici di interferire con i sapori del vino. Al contrario, in Texas, John Rivenburg della Kerrville Hills Winery osserva partenze di fermentazioni selvatiche più frequenti e rapide, dovute a stagioni più calde e brevi. “La sfida per i viticoltori è adattarsi a questi cambiamenti mantenendo la qualità e l’autenticità del vino” hanno poi aggiunto gli esperti. Questo richiede un equilibrio tra l’uso di tecnologie avanzate e il rispetto delle tradizioni, per garantire la sostenibilità del settore vinicolo in un mondo in evoluzione climatica.