“Ci sono solo due strade percorribili: o si procede in avanti o saremo costretti a spostarci, con tutti i rischi che quest’ultima via comporterebbe in termini ecologici, d’immagine e quindi economici per il nostro settore e le nostre imprese. Preferisco tracciare un percorso verso uno Champagne virtuoso, piuttosto che continuare a rimuginare sul passato”.
Sono queste le parole e i pensieri espressi, solo pochi anni fa, da alcune delle principali associazioni di gestione e tutela dello Champagne. Prime fra tutte l’Union des Maisons de Champagne e Syndicat General des Vignerons. Si parlava, allora, di una completa rimozione degli erbicidi nei processi produttivi entro il 2025. Eppure, gli stessi organismi sembrano oggi fare una retromarcia, perlomeno parziale. Ed è proprio questa la pietra dello scandalo, la scintilla che sta mettendo sul piede di guerra, contro le medesime associazioni di settore, moltissimi viticoltori della rinomata bevanda francese.
Non propriamente aria di guerra, per il momento, ma certamente di malcontento, quella che serpeggia fra i coltivatori a causa di questo apparente dietrofront. Nel mese di dicembre, ad esempio, è stata pubblicata sul quotidiano Le Monde un’accesa lettera di denuncia rispetto l’inversione di rotta dei marchi di rappresentanza Champagne.
“Se si prende un impegno, lo si deve rispettare, anche se comporta delle difficoltà. – ha dichiarato Jean-Baptiste Geoffroy, dello Champagne René Geoffroy e firmatario della lettera – È stata inoltre una vergogna per le denominazioni dello Champagne negare i propri impegni ambientali, mentre continuano a commercializzare un’immagine green, che non è però disposta a far rispettare”.