Raccolta anticipata, limitazioni della fermentazione malolattica, adeguamento dei livelli di dosaggio. Sono molteplici le tecniche che i pluripremiati produttori di Champagne stanno mettendo in atto, negli ultimi anni, per correre ai ripari di fronte i pericoli e gli stravolgimenti portati in casa dal cambiamento climatico. Di alcune di queste tecniche di prevenzione e di resilienza abbiamo già parlato in nostre precedenti pubblicazioni e newsletter.
Laurent Fresnet, maestro della cantina Maison Mumm, ha recentemente discusso in un’intervista del tema dell’acidità, da molti ritenuto un prerequisito immancabile per un’ottima annata: “L’acidità non fa un’annata. Confrontiamo ad esempio il 1989 e il 1996: sono entrambe ottime annate, ma con condizioni climatiche molto differenti fra loro.
Quello che cerchiamo di fare è mantenere la freschezza del frutto. Proprio per questo cerchiamo di raccogliere le uve e di assaggiarle direttamente in vigna, prima e durante la vendemmia. In questo modo possiamo mantenere alta la freschezza dell’uva e il potenziale d’invecchiamento del vino”. Tutto vero, basti pensare all’appena trascorso 2022, anno con picchi di caldo da record.
Mumm aveva ottenuto una deroga speciale per iniziare la propria raccolta già al 25 agosto, condizione che ha portato a vini “molto ricchi, molto maturi, con una freschezza viva. Proprio perché abbiamo raccolto le uve prima”. Non può dire lo stesso, invece, chi si è attardato, registrando vini con valori pericolosamente vicini al limite di 13% ABV, soglia massima autorizzata da Champagne.