Si sa, da quando nel lessico comune e mediatico ha fatto la sua comparsa il tanto dibattuto termine “Ogm”, il dibattito non è mai mancato. Da un lato ricercatori e sostenitori, fronteggiati dall’altro da detrattori, ambientalisti e puristi dello stile di coltivazione biologico e naturale.
Un nuovo “no” è appena stato recentemente posto dallo Stato italiano all’avanzata dei suddetti Ogm, anche se in questo caso il discorso ruotava attorno a qualcosa di nuovo e differente: ovvero le cosiddette tecniche del New Breeding, le quali vanno a modificare soltanto una parte dei geni della pianta, grazie alla correzione del suo genoma senza il ricorso al Dna di organismi esterni, passaggio che invece si verifica quando parliamo di veri e propri Ogm transgenici.
La differenza nella New Breeding Technique c’era e si faceva sentire, eppure la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, dopo lunghi dibattiti, non è rimasta persuasa e ha da pochissimo emesso il suo verdetto negativo in merito. Ha così commentato l’accaduto, in una recente intervista realizzata dagli amici di WineNews, il professor Attilio Scienza: “È un passo indietro, non so nemmeno se in buona o in cattiva fede, dettato dal fatto che i risultati di questo genere di ricerca sono considerati degli Ogm. Ma non è così, perché i prodotti del genoma editng sono cloni di una varietà, che ha subito un’azione artificiale che ne accelera un cambiamento naturale. La speranza di sovvertire la visione dominante, e negazionista, è nella Comunità Europea, che d’imperio decida la compatibilità di queste tecniche alle linee guida dell’agricoltura comunitaria”.