Collaborare fra realtà differenti, nell’universo vinicolo, non è mai stato così di tendenza secondo gli analisti di mercato. Una collaborazione può nascere per svariate motivazioni e sotto differenti profili, ma sicuramente reca un vantaggio per tutte le parti coinvolte: i marchi più grandi e importanti cercano di capitalizzare il fattore “alla moda” dei marchi indie, mentre i progetti più piccoli possono sfruttare gli illimitati strumenti a disposizione quotidianamente dei marchi più grandi e accedere alla loro enorme portata di mercato.
Ma non si tratta, non in tutti i casi almeno, di una mera collaborazione basata sul denaro. Come sottolinea anche Chris Leon, proprietario e direttore del Leon & Son Wine and Spirits di Brooklyn: “Le collaborazioni consentono ai produttori di esplorare uno stile di vino totalmente diverso o nuovo. Tendono a essere altamente sperimentali e spesso si rivolgono a un pubblico più giovane e di mentalità più aperta. Sto anche vedendo emergere un lavoro entusiasmante dalle collaborazioni tra professionisti del vino che sfruttano i loro rapporti con i coltivatori: piccoli lotti selezionati, ma di alto livello e che portano a prodotti quasi da collezione”.
Queste collaborazioni di cui si parla sempre più di sovente sorgono anche fra produttori del Vecchio e del Nuovo Mondo, spalancando così le porte di mercati lontani da casa. Un caso esemplare è quello della nota collaborazione fra la Dalla Valle Vineyards e l’Ornellaia di Bolgheri, con il loro lavoro comune intitolato DVO. Le uscite annuali post-progetto variano ora dalle 300 alle 500 casse e fanno registrare il tutto esaurito, con il vantaggio di attirare l’interesse di nuovi appassionati di vino verso le offerte principali di ciascun marchio.