Una recentissima ricerca, condotta da Leigh Schmidtke della Charles Sturt University in Australia, ha affrontato l’impatto del fumo sulle uve e sui vini prodotti dopo gli incendi che hanno colpito le regioni vinicole un po’ in tutto il mondo nelle ultime annate. Questo progetto ha identificato marcatori specifici nell’uva che indicano la presenza di composti derivati dal fumo nel vino finito.
Questa scoperta offre ai viticoltori indicazioni preziose per affrontare le conseguenze ambientali. Come hanno dettagliatamente approfondito gli scienziati presenti nelle operazioni di ricerca enologica: “Lo studio ha dimostrato che i marcatori dell’uva possono essere utilizzati come misura affidabile dell’esposizione al fumo e che c’è una correlazione positiva tra i livelli di questi marcatori nell’uva e nei vini finiti. Inoltre, ha evidenziato che modificare le tecniche di vinificazione, come ridurre il contatto con le bucce dell’uva e l’estrazione, può ridurre la concentrazione di composti derivati dal fumo nei vini finali”.
Nonostante ciò, sono molte le sfide che rimangono in piedi e ostacolano il ritorno alla normalità, a quanto pare specialmente con vitigni come quello del Pinot Nero, i quali hanno difficoltà a mascherare le note di fumo, e i vini rosati, che hanno una scarsa intensità di frutto. In contrasto, le uve Shiraz esposte a livelli moderati di fumo hanno dimostrato di essere in grado di produrre vini senza note affumicate evidenti, grazie all’effetto mascherante dei loro caratteri fruttati sull’aroma e sul sapore del fumo. Questa ricerca offre una guida per i viticoltori nel gestire gli effetti del fumo, mostrando che con una comprensione approfondita e l’uso di tecniche di vinificazione appropriate, è possibile superare le sfide ambientali senza compromettere la qualità e la complessità dei vini.